Caso Orlandi, Pietro: “In Vaticano dicevano: Se il dossier su Emanuela diventa pubblico è una catastrofe”

"La verità è che se anche venisse ritrovato il dossier scomparso, io non saprei mai se si tratta della versione originale. Per quello in Vaticano l'unico che potrebbe confermare è Domenico Giani, il capo della gendarmeria vaticana: l'ha redatto lui. Mi hanno detto che parlando del dossier fu proprio lui a commentare: Se il fascicolo arriva ai media è una catastrofe". Queste le parole di Pietro Orlandi sulla questione del dossier sparito, tornato a parlare della scomparsa della sorella Emanuela sparita da Roma il 22 giugno 1983 e della pista che la vedrebbe a Londra.
Cosa è successo ad Emanuela Orlandi: la pista di Londra
Si prosegue con le indagini sul caso di scomparsa di Emanuela Orlandi. Oltre alla commissione bicamerale d'inchiesta che continua con le audizioni, sono aperte le inchieste alla Procura di Roma e in Vaticano. E, come fa da oltre quattro decenni, Pietro Orlandi continua a condividere le informazioni che ottiene. Numerose riguardano la pista di Londra, che vede sua sorella trasferita in Inghilterra dopo il rapimento, di cui è da tempo convinto.
"Ad agosto ho incontrato Giuseppe Dioguardi: è stato lui a dirmi che Emanuela era stata trasportata a Londra nell'estate del 1983 a due mesi dalla scomparsa. Non avevo mai fatto il suo nome, perché doveva ancora essere ascoltato in Procura e in commissione d'inchiesta – spiega ospite a Verissimo da Silvia Toffanin – Si tratta di una persona seria, non è un mitomane né un anonimo, ha parlato soltanto adesso perché prima era coperto dal segreto di Stato". Secondo quanto ha spiegato Orlandi in trasmissione, faceva parte della segreteria particolare di Spadolini. La stessa che avrebbe organizzato il volo dei servizi segreti per Londra su richiesta del Vaticano.
Il volo per Londra organizzato dai servizi segreti su richiesta del Vaticano
"Mi ha raccontato che un giorno si è presentato il cardinale Piovanelli chiedendo un volo Cai, dei servizi segreti, su cui avrebbero dovuto viaggiare quattro persone soltanto con i piloti dell'equipaggio. Di questi ultimi chiesero anche il curriculum, per verificarne la riservatezza – ha spiegato ancora – Una volta sentì anche un agente del Sismi lamentarsi: Con questa storia dell'Orlandi ora ci chiedono anche i voli".
Secondo quanto raccontato, il volo sarebbe dovuto partire di notte da Ciampino. "Qualora qualcuno confermasse la presenza di Emanuela, sarebbe un passo avanti. Invece ancora manca conferma. Ma se fosse vero, attesterebbe il coinvolgimento di alcune persone del Vaticano e anche del Governo italiano dell'epoca. Eliminerebbe anche l'ipotesi della morte di Emanuela il giorno stesso del rapimento e il coinvolgimento del Vaticano: non l'intero Stato, ma almeno di persone che hanno potere decisionale".
Il volo sarebbe stato affidato al capo del Sismi dell'epoca, il generale Lugaresi. "Fra l'altro è ancora in vita: lui è una delle persone che hanno visto, che possono parlare. Potrebbe essere sentito", ha precisato Orlandi.

Il legame fra l'Italia e il Vaticano
Nel corso dell'ospitata, Pietro Orlandi ha ricordato anche il legame fra l'Italia e il Vaticano. "All'epoca erano vicini. A me per capirlo è bastata la frase di Monsignor Morandini, che era un amico di mio papà: disse che rispetto al rapimento di Emanuela c'era un invito a non aprire una falla che non si sarebbe mai potuta chiudere".
Anche lui è una di quelle personalità morta prima di poter essere ricevuta in Procura o in commissione. "La stessa sorte è toccata alla persona che per prima, nel 2011, parlò dell'arrivo di Emanuela a Londra, con un passaggio in un ospedale psichiatrico con dei professori italiani. È stata ascoltata in Procura, non di Roma, ma di Bolzano e condannata a 8 mesi per calunnia. È scappata in Tunisia ed è morta lo scorso anno – ha ricordato – Mia sorella era una ragazzina di 15 anni, vivevano in una bolla: dopo tre o quattro mesi, se fosse stata portata per un qualsiasi motivo in un convento di clausura, ne sarebbe uscita completamente manipolata".

La richiesta di colloquio con papa Francesco: "Continua a rifiutare"
Nonostante i dubbi che continuano ad essere sollevati su eventuali responsabilità del Vaticano, Pietro Orlandi continua ancora di essere ricevuto dal papa. "La sua risposta è stata che ha troppi occhi puntati addosso per un incontro con me. Secondo me c'è chi teme che possa dirmi qualcosa di sconveniente. Secondo me lui conosce la verità". E poi, ancora: "C'è chi mi ha detto che per incontrare papa Francesco dovrei prima chiedere perdono per ciò che scrivo e come mi comporto, ma i chiedo soltanto verità e giustizia. Non penso di essere io il problema".
Il fascicolo su Orlandi: perché è scomparso e cosa contiene
Ma dove potrebbe nascondersi la verità? Non è da escludere che i fascicoli, quelli tenuti segreti nella Santa Sede e quelli scomparsi in Italia, possano conservare almeno delle informazioni rilevanti per il caso. "A quanto ne so, oltre al fascicolo scomparso dall'Archivio di Stato, non esistono altri documenti al ministero degli Interni – ha sottolineato Pietro – Se ora lo dovessero ritrovare, come faccio a sapere che si tratta della versione originale, io non l'ho mai letto".
Per quanto riguarda il fascicolo conservato in Vaticano, invece, una possibilità di conferma ci sarebbe. "Potremmo chiedere a Domenico Giani, il capo della gendarmeria in Vaticano: è lui che ha redatto il dossier su mia sorella sotto richiesta di papa Benedetto XVI. Ma nonostante non abbia più legami con la Santa Sede risulta essere ancora cittadino vaticano – ha precisato – Inoltre anche Paolo Gabriele, aiutante di Papa Ratzinger e noto come il corvo di Vatileaks mi ha detto di averlo visto e di non averlo potuto fotocopiare perché era spillato in una cartellina trasparente. È con lui che Giani ha sbottato, arrabbiato: Se il fascicolo arriva ai media è una catastrofe".